La radio universitaria come strumento di espressione potente, capillare, intelligente. In grado di arrivare ovunque senza fatica, con il solo ascolto ipnotico delle parole giuste. La radio universitaria è il punto di partenza di Dear White People, serie tv Netflix in tre stagioni già concluse (e una quarta è in arrivo) tratta dall’omonimo film uscito nel 2014, entrambi diretti da Justin Simien. È una storia corale, ogni puntata raccoglie una prospettiva diversa a seconda dei protagonisti che la animano: principalmente si tratta degli studenti neri di un prestigioso college, il Winchester, frequentato prevalentemente da bianchi benestanti. Dear White People, cari bianchi appunto, è il titolo del programma radiofonico dove la giovane DJ e attivista Samantha White (Logan Browning) sviscera il tema del razzismo, sottile o esplicito, cui sono esposti continuamente gli studenti neri. Ed è anche il claim con cui apre il microfono per rivolgersi a chi non vuole ascoltare, ai ricchi del college, in grado di liquidare sotto “diversità” un razzismo strisciante e una disparità di trattamento al limite dell’illegalità.
Dear White People, cari bianchi, è il titolo del programma radiofonico dove la giovane DJ e attivista Samantha White (Logan Browning) sviscera il tema del razzismo, sottile o esplicito, cui sono esposti continuamente gli studenti neri.
A fare da contorno all’attivismo di Samantha c’è la cerchia di amici e nemici all’interno del college: il black caucus, così le assemblee degli studenti neri vengono chiamati nella serie, è composto dalla migliore amica di Samantha, Joelle (Ashley Blaine Featherson, che ne prenderà con eleganza il posto in trasmissione quando Sam avrà una crisi personale), lo sportivo e ingenuo figlio del rettore Troy Fairbanks (Brandon P. Bell), l’ambiziosissima Coco Conners (Antoinette Robertson) che ambisce a diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti, il timido reporter Lionel Higgins (DeRon Horton) con una capacità incredibile di scovare notizie, l’affascinante inventore Reggie Green (Marque Richardson) protagonista di una delle scene più disturbanti dell’intera serie, un trauma che lo segnerà a vita. E che tristemente riporta all’attualità dolorosa del #BlackLivesMatter, argomento che galleggia nell’atmosfera di diversi episodi, e nelle sfaccettature continue dei suoi personaggi.
Gli episodi sono brevi e incalzanti, dal montaggio spedito che tiene incollati a seguire gli svolgimenti. Non ci annoia mai con Dear White People, anzi: la fiction delle storie che si intrecciano a beneficio dello spettatore è il viatico a riflessioni attente e a domande di autocoscienza sul razzismo di cui non ci accorgiamo, su cosa significhi essere antirazzisti, sull’attivismo di cui si viene a conoscenza soltanto quando distorto da una cornice violenta. Le azioni di Samantha e dei suoi amici sono profondamente attuali, non diventano mai macchietta di sfondo.
Una Colonna Sonora Che Ti Tiene Incollato Allo Schermo!
Il contrappunto ai tempi ampi-razzismo, giornalismo, discriminazione, l’ascesa dell’alt-right negli USA,
il ruolo dei social network, l’accettazione di sé e delle comunità – puntualmente approfonditi nella mezz’ora scarsa di durata delle puntate – è dato da una colonna sonora che fa tenere perennemente acceso Shazam:
una selezione intelligente e riuscitissima della migliore musica rap, hip hop, r&b e soul della storia, da A Tribe Called Quest a Childish Gambino, Janelle Monáe, Vince Staples, Tyler, The Creator, Michael Kiwanuka tanto per nominarne alcuni, che in certi momenti regala più di un sottotesto a cosa accade nella sceneggiatura. In attesa di una quarta stagione annunciata per il 2020, recuperare le prime tre stagioni di Dear White People è un piccolo piacere e dovere da concedersi.